26 mag 2012

Canna Fumaria


Cass. civile, sez. II del 29-08-1991, n. 9231.
Con riguardo ad edificio in condominio, una canna fumaria, anche se ricavata nel vuoto di un muro comune, non è necessariamente di proprietà comune, ben potendo appartenere ad un solo dei condomini, se sia destinata a servire esclusivamente l'appartamento cui afferisce, costituendo detta destinazione titolo contrario alla presunzione legale di comunione.

Quesiti del 22 Maggio 2012

Quesito
Quando vi è la sostituzione del casellario postale, si domanda quale sia il criterio più corretto di ripartizione della spesa:se quello che prevede il riparto in parti uguali  (secondo il numero di cassette spettanti a ciascuna unità immobiliare) oppure quello in base ai millesimi di proprietà.
Parere
Salva diversa previsione del regolamento di condominio contrattuale, il primo criterio indicato deve ritenersi corretto e viene normalmente adottato nella prassi condominiale.

Quesito
Un condomino, sul suo terrazzo d'attico - che funge anche da copertura condominiale - ha effettuato un intervento di ripristino a causa di infiltrazioni d'acqua nel sottostante appartamento. Durante questi lavori ha inoltre sostituito una struttura in ferro (specie di pergolato) posizionata su tutti i terrazzi d'attico del condominio con una, più bella, in legno lamellare. Alcuni condòmini – in sede di assemblea ed in posizione di minoranza – hanno manifestato la loro contrarietà a questa sostituzione in quanto, pur non avendo leso il decoro dell'edificio, ha creato difformità con le strutture poste sugli altri terrazzi. Si precisa che il regolamento contrattuale così recita: “Non potrà essere intrapresa dai singoli proprietari nessuna opera esterna che modifichi l'architettura del fabbricato e delle parti comuni”.
Parere
Il quesito proposto rende necessario chiarire il concetto di "decoro architettonico"del fabbricato, ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 del codice civile. Secondo una precisa definizione data dalla Suprema Corte (Cass. n. 8.06.1995, n. 6496, confermata recentemente dalla Cassazione 14 dicembre 2005, n. 27551), per decoro architettonico del fabbricato deve intendersi l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata armonica fisionomia, senza che si tratti di edifici di particolare pregio artistico.
La Suprema Corte ha chiarito, inoltre (Cass. 24.03.2004, n. 5899), come l'alterazione al decoro architettonico possa ben correlarsi alla realizzazione di opere che immutino l'originario aspetto anche soltanto di singoli elementi o punti del fabbricato suscettibili di per sé di autonoma considerazione, tutte le volte in cui la immutazione sia suscettibile di riflettersi sull'insieme dell'aspetto dello stabile. Si può quindi concludere affermando che il divieto contenuto all'art. 1120 c.c. concerne le "alterazioni ", cioè quei mutamenti che siano sufficienti ad apportare una disarmonia nell'insieme dell'edificio. La questione sottoposta va pertanto esaminata sotto il profilo dell'esistenza o meno di una lesione dell'estetica dell'edificio intesa nel senso sopra esaminato e ciò indipendentemente dal fatto che la modifica possa essere ritenuta migliorativa sotto il profilo della qualità o della tipologia dei materiali utilizzati e delle caratteristiche intrinseche del manufatto, che vanno invece valutate nel quadro della uniformità ed omogeneità rispetto al contesto.
Se tale limite nel caso concreto viene superato, si sconfina nella innovazione vietata ed è quindi necessaria la totalità dei consensi, ferma restando la sussistenza di tutti i requisiti previsti sotto il profilo urbanistico ed edilizio di natura pubblicistica.

Spese condominiali, l’inquilino moroso ha 2 mesi per pagarle

Corte di Cassazione, con sentenza n. 2664 del 2004

Entro 2 mesi dalla richiesta - l'inquilino deve pagare le spese condominiali di sua pertinenza. Da questo principio, già previsto dalla legge n. 392 del 1978 (articolo 9, comma 3), la Cassazione fa derivare anche che entro lo stesso termine di 60 giorni l'inquilino può esercitare il suo diritto di chiedere l'indicazione specifica delle spese e dei criteri di ripartizione e di prendere visione dei documenti giustificativi. Decorso però tale termine, l'inquilino deve ritenersi automaticamente in mora e non può ritardare, sospendere o ridurre il versamento eccependo che la richiesta di pagamento non era accompagnata dalle indicazioni di dettaglio delle spese. Secondo la legge, infatti, in mancanza di richiesta dell'inquilino, non vi è nessun onere legale del proprietario di dare informazioni sulle spese da pagare.
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