Quesito
Quando vi è la sostituzione del casellario
postale, si domanda quale sia il criterio più corretto di ripartizione della
spesa:se quello che prevede il riparto in parti uguali (secondo il numero di cassette spettanti a
ciascuna unità immobiliare) oppure quello in base ai millesimi di proprietà.
Parere
Salva diversa previsione del regolamento di
condominio contrattuale, il primo criterio indicato deve ritenersi corretto e
viene normalmente adottato nella prassi condominiale.
Quesito
Un condomino, sul suo terrazzo d'attico - che
funge anche da copertura condominiale - ha effettuato un intervento di
ripristino a causa di infiltrazioni d'acqua nel sottostante appartamento.
Durante questi lavori ha inoltre sostituito una struttura in ferro (specie di
pergolato) posizionata su tutti i terrazzi d'attico del condominio con una, più
bella, in legno lamellare. Alcuni condòmini – in sede di assemblea ed in
posizione di minoranza – hanno manifestato la loro contrarietà a questa
sostituzione in quanto, pur non avendo leso il decoro dell'edificio, ha creato
difformità con le strutture poste sugli altri terrazzi. Si precisa che il
regolamento contrattuale così recita: “Non potrà essere intrapresa dai singoli
proprietari nessuna opera esterna che modifichi l'architettura del fabbricato e
delle parti comuni”.
Parere
Il quesito proposto rende necessario chiarire
il concetto di "decoro architettonico"del fabbricato, ai fini della
tutela prevista dall'art. 1120 del codice civile. Secondo una precisa
definizione data dalla Suprema Corte (Cass. n. 8.06.1995, n. 6496, confermata recentemente
dalla Cassazione 14 dicembre 2005, n. 27551), per decoro architettonico del
fabbricato deve intendersi l'estetica data dall'insieme delle linee e delle
strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante ed imprimono alle
varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua
determinata armonica fisionomia, senza che si tratti di edifici di particolare
pregio artistico.
La Suprema Corte ha chiarito, inoltre (Cass.
24.03.2004, n. 5899), come l'alterazione al decoro architettonico possa ben
correlarsi alla realizzazione di opere che immutino l'originario aspetto anche
soltanto di singoli elementi o punti del fabbricato suscettibili di per sé di
autonoma considerazione, tutte le volte in cui la immutazione sia suscettibile
di riflettersi sull'insieme dell'aspetto dello stabile. Si può quindi
concludere affermando che il divieto contenuto all'art. 1120 c.c. concerne le
"alterazioni ", cioè quei mutamenti che siano sufficienti ad
apportare una disarmonia nell'insieme dell'edificio. La questione sottoposta va
pertanto esaminata sotto il profilo dell'esistenza o meno di una lesione dell'estetica
dell'edificio intesa nel senso sopra esaminato e ciò indipendentemente dal
fatto che la modifica possa essere ritenuta migliorativa sotto il profilo della
qualità o della tipologia dei materiali utilizzati e delle caratteristiche
intrinseche del manufatto, che vanno invece valutate nel quadro della
uniformità ed omogeneità rispetto al contesto.
Se tale limite nel caso concreto viene superato, si
sconfina nella innovazione vietata ed è quindi necessaria la totalità dei
consensi, ferma restando la sussistenza di tutti i requisiti previsti sotto il
profilo urbanistico ed edilizio di natura pubblicistica.